L’uomo ha ormai colonizzato buona parte del sistema solare e convive con le specie che abitano nei sistemi più vicini della Via Lattea. Le relazioni tra terrestri, coloni e alieni sono da sempre appese a un filo sottile, meticolosamente tessuto dagli oligarchi per favorire i potenti e schiacciare le classi più deboli.
Tra le grandi aziende che hanno fatto fortuna, la multiplanetaria ReCover è riuscita a rimanere sulla cresta dell’onda per quasi un secolo grazie all’eccezionale brevetto di una tecnologia in grado di trasferire la coscienza di un essere umano nel corpo di un’altro.
Come tante altre persone prima di lei, Janet ha deciso di diventare una singh e vendere il proprio corpo alla ReCover in cambio di crediti a nove zeri. Una somma stratosferica da lasciare alle generazioni dei suoi familiari.
La prevendita del primo capitolo della trilogia ReCover – Incidente a La Regla è già iniziata sul sito ufficiale della casa editrice Bookabook!
L’edizione è disponibile sia in formato e-book che cartacea . Prenotando il formato cartaceo riceverai anche l’e-book incluso nel prezzo.
Howard K. Lobs sedeva scomposto sulla poltroncina di vimini intrecciato, solo di fronte al tramonto cubano. Dopo aver cenato, come ogni sera, amava lasciarsi andare su quella vecchia sedia e rimanerci per una buona mezz’ora, consentendo al vento tropicale di scomporgli i vestiti e l’acconciatura dei capelli come meglio credeva.
Non era affatto semplice procurarsi liquori di qualità e lui non intendeva certo sperperare le sue ridottissime riserve alcoliche senza che vi fosse un valido motivo.
Aveva appena trascorso la peggior giornata di lavoro di sempre e sentiva un persistente formicolio alle braccia, come gli capitava ogni volta che il suo corpo aveva prodotto troppa adrenalina. Di solito gli bastava una ventina di minuti perché tutto si stabilizzasse nuovamente, ma stavolta il formicolio sembrava non volersene andare più.
Janet Gandolfo sedeva accucciata a poppa della chiatta, con la schiena appoggiata alla rigida panca. L’imbarcazione aveva ormai abbandonato la laguna e il cielo si era fatto scuro come le acque del mare su cui stava navigando in solitudine, con la prua rivolta verso Panama.
Janet cercò di avvolgersi nella spessa coperta trovata nella cassa di poppa, dietro al posto di guida. Per fortuna la chiatta possedeva un sistema di pilotaggio GPS che seguiva autonomamente la rotta preimpostata, dritta verso l’unico porto spaziale del centroamerica dove un evaso avrebbe avuto qualche possibilità di confondersi in mezzo a migliaia di altri viaggiatori.
Mentre la chiglia solcava le placide onde notturne, Janet si chiese perché Feninsky si fosse preparato a tutto questo, perché dovesse farsi trovare pronto a far perdere le proprie tracce in un baleno. Le tornò alla mente il giorno in cui era arrivata a Cayo Largo, un anno prima, quando il maggiore fu presentato ai nuovi ospiti come capo delle guardie.
La risposta non era così importante. In fondo, pensò Janet, non avrebbe mai più incontrato il suo salvatore, l’uomo che contro ogni aspettativa l’aveva tirata fuori da una sala operatoria lorda di sangue per poi lasciarla partire verso un futuro ancora più incerto.
A quest’ora avrei dovuto essere morta.
Howard K. Lobs sedeva scomposto sulla poltroncina di vimini intrecciato, solo di fronte al tramonto cubano.
Dopo aver cenato, come ogni sera, amava lasciarsi andare su quella vecchia sedia e rimanerci per una buona mezz’ora, consentendo al vento tropicale di scomporgli i vestiti e l’acconciatura dei capelli come meglio credeva.
Non era affatto semplice procurarsi liquori di qualità e lui non intendeva certo sperperare le sue ridottissime riserve alcoliche senza che vi fosse un valido motivo.
Aveva appena trascorso la peggior giornata di lavoro di sempre e sentiva un persistente formicolio alle braccia, come gli capitava ogni volta che il suo corpo aveva prodotto troppa adrenalina.
Di solito gli bastava una ventina di minuti perché tutto si stabilizzasse nuovamente, ma stavolta il formicolio sembrava non volersene andare più.
Janet Gandolfo sedeva accucciata a poppa della chiatta, con la schiena appoggiata alla rigida panca. L’imbarcazione aveva ormai abbandonato la laguna e il cielo si era fatto scuro come le acque del mare su cui stava navigando in solitudine, con la prua rivolta verso Panama.
Janet cercò di avvolgersi nella spessa coperta trovata nella cassa di poppa, dietro al posto di guida. Per fortuna la chiatta possedeva un sistema di pilotaggio GPS che seguiva autonomamente la rotta preimpostata, dritta verso l’unico porto spaziale del centroamerica dove un evaso avrebbe avuto qualche possibilità di confondersi in mezzo a migliaia di altri viaggiatori.
Mentre la chiglia solcava le placide onde notturne, Janet si chiese perché Feninsky si fosse preparato a tutto questo, perché dovesse farsi trovare pronto a far perdere le proprie tracce in un baleno.
Le tornò alla mente il giorno in cui era arrivata a Cayo Largo, un anno prima, quando il maggiore fu presentato ai nuovi ospiti come capo delle guardie.
Allora, perché teneva pronto un piano di fuga così accurato? La risposta non era così importante. In fondo, pensò Janet, non avrebbe mai più incontrato il suo salvatore, l’uomo che contro ogni aspettativa l’aveva tirata fuori da una sala operatoria lorda di sangue per poi lasciarla partire verso un futuro ancora più incerto.
“Il chiringuito è proprio qui sotto”, le disse Sampras spegnendo il motore. “Qualche gradino e ci siamo”.
Scesero di buon passo la scaletta di roccia, che tutto sommato era più stabile e sicura di quella del palazzo dove erano stati poco prima.
Janet osservò il suo nuovo amico mentre scendeva agilmente nei suoi mocassini di vernice, scalino dopo scalino, come un gatto esperto tra le mura di casa propria. Aveva all’incirca una quarantina d’anni, pochi in più di quelli che aveva Janet, o forse potevano avere la stessa età e lui era semplicemente sciupato da una vita difficile in quel paese di serpi.
A parte i terribili denti artificiali in polimeri, era un uomo piuttosto sexy. Non proprio affascinante, ma di quei tipi che potrebbero facilmente sconvolgerti la vita, anche in una sola notte.
I profondi occhi neri, la barba scura e poco folta, i capelli rasati come piacevano a lei. Anche se l’aveva trattata come un cane, quel Sampras rimaneva pur sempre il suo salvatore. In più, con il suo ghigno spiritoso e i modi burberi, era riuscito a risvegliare in lei un desiderio. Peccato che entro qualche ora l’avrebbe salutato per sempre.
I cancelli della raffineria erano già aperti al momento in cui Michelle Martinez scese alla fermata del treno che tutti i giorni la portava al lavoro.
Quella mattina c’era stato un piccolo ritardo per colpa dei soliti operai della T.Com, che come muli ostinati continuavano a prendere tutti quanti insieme la corsa delle 7.25, anziché aspettare quella successiva. Così, visto che il loro stabilimento apriva mezz’ora più tardi, quei pecoroni arrivavano con largo anticipo alla stazione di discesa e poi ci mettevano sempre dieci minuti abbondanti a lasciare il treno quasi totalmente vuoto, spingendosi l’uno contro l’altro e causando così ogni benedetto giorno quelle dannate attese.
Quando riusciva ad arrivare con un leggero anticipo al chilometrico tunnel che collegava la stazione ferroviaria alla raffineria, Michelle si lasciava trasportare dai nastri meccanizzati senza mai camminare, con lo sguardo perso nel cielo pesante di Titano, oltre gli spessi vetri di protezione.
Quel giorno, però, non le fu possibile per via del ritardo accumulato dal treno e quindi gettò solo uno sguardo veloce all’atmosfera giallognola del suo pianeta.
Da un paio di giorni le previsioni meteo non promettevano niente di buono.
Procedette sui nastri a passo spedito e senza distrazioni, tanto più che quel giorno i vetri errano parecchio incrostati per colpa delle piogge di metano e fuori non si vedeva quasi nulla.
“Il chiringuito è proprio qui sotto”, le disse Sampras spegnendo il motore. “Qualche gradino e ci siamo”.
Scesero di buon passo la scaletta di roccia, che tutto sommato era più stabile e sicura di quella del palazzo dove erano stati poco prima.
Ormai il sole era sorto, il cielo brillava dei toni dell’azzurro e immancabilmente i due iniziarono a percepire il calore di quella che si preannunciava come una nuova giornata afosa.
Aveva all’incirca una quarantina d’anni, pochi in più di quelli che aveva Janet, o forse potevano avere la stessa età e lui era semplicemente sciupato da una vita difficile in quel paese di serpi.
A parte i terribili denti artificiali in polimeri, era un uomo piuttosto sexy. Non proprio affascinante, ma di quei tipi che potrebbero facilmente sconvolgerti la vita, anche in una sola notte.
I profondi occhi neri, la barba scura e poco folta, i capelli rasati come piacevano a lei.
Anche se l’aveva trattata come un cane, quel Sampras rimaneva pur sempre il suo salvatore. In più, con il suo ghigno spiritoso e i modi burberi, era riuscito a risvegliare in lei un desiderio.
I cancelli della raffineria erano già aperti al momento in cui Michelle Martinez scese alla fermata del treno che tutti i giorni la portava al lavoro.
Quella mattina c’era stato un piccolo ritardo per colpa dei soliti operai della T.Com, che come muli ostinati continuavano a prendere tutti quanti insieme la corsa delle 7.25, anziché aspettare quella successiva.
Così, visto che il loro stabilimento apriva mezz’ora più tardi, quei pecoroni arrivavano con largo anticipo alla stazione di discesa e poi ci mettevano sempre dieci minuti abbondanti a lasciare il treno quasi totalmente vuoto, spingendosi l’uno contro l’altro e causando così ogni benedetto giorno quelle dannate attese.
Quando riusciva ad arrivare con un leggero anticipo al chilometrico tunnel che collegava la stazione ferroviaria alla raffineria, Michelle si lasciava trasportare dai nastri meccanizzati senza mai camminare, con lo sguardo perso nel cielo pesante di Titano, oltre gli spessi vetri di protezione.
Quel giorno, però, non le fu possibile per via del ritardo accumulato dal treno e quindi gettò solo uno sguardo veloce all’atmosfera giallognola del suo pianeta.
Procedette sui nastri a passo spedito e senza distrazioni, tanto più che quel giorno i vetri errano parecchio incrostati per colpa delle piogge di metano e fuori non si vedeva quasi nulla.
La prevendita del primo capitolo della trilogia ReCover – Incidente a La Regla è già iniziata sul sito ufficiale della casa editrice Bookabook!
L’edizione è disponibile sia in formato e-book che cartacea . Se sceglierai il formato cartaceo riceverai anche l’e-book incluso nel prezzo.